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And this is my story


ISBN: 978 88 32193 22 0
ISSN: 2611-1349
Lingua: Inglese
Editore: Paolo Loffredo Editore Srl
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And this is my story. A Linguistic Analysisof Migrant Discourse

Ogni anno milioni di persone sono costrette a lasciare le proprie case e trasferirsi altrove. A causa di guerre, di calamità naturali, di violenza, di carestie e del cambiamento climatico, persone comuni che si sono sempre viste come lavoratori, abitanti e semplici cittadini diventano presenze marginali, a cui vengono assegnate etichette come: “migranti per lavoro”, “famiglie di migranti”, “rifugiati”, “richiedenti asilo”, “migranti climatici”, “migranti ambientali”, o “migranti dislocati”. Inoltre, dai capri espiatori sradicati della “Windrush generation” alle vittime del traffico umano e della schiavitù, l’ostilità politica e pubblica nei confronti della migrazione è cresciuta progressivamente negli ultimi 20 anni. Inserendo l’espressione “Crisi migratoria” su Google, appaiono irca 90.000.000 risultati da consultare. Una rapida lettura delle prime venti pagine evidenzia come la cronaca nasca fondamentalmente da un punto di vista euro-centrico. Il problema è più “Cosa ci stanno facendo?”, piuttosto che “Cosa gli sta veramente succedendo e cosa stanno subendo?”. Questa posizione etica caratterizza anche molti degli studi linguistici, sociologici e storici che negli ultimi anni hanno affrontato il problema della crescente migrazione e hanno portato il “discorso della migrazione” ad emergere. Purtroppo, questo discorso è spesso un discorso sulla migrazione con coloro che si trovano al centro della questione trattati come qualcosa di separato dalla questione stessa. La ricerca, pertanto, conduce un’analisi linguistica delle cronache di viaggio di trenta richiedenti d’asilo che parlano inglese, provenienti da nove diversi paesi d’origine e ora residenti in Campania. L’analisi, sia quantitativa che qualitativa, delle strutture pronominali, verbali e lessicali inglesi usate dai migranti ha reso possibile ottenere una consapevolezza a proposito del loro modo di valutare le circostanze passate e presenti, nonché gli orizzonti e le aspettative futuri. L’indagine linguistica dei racconti monologici forniti dagli informatori rivela che il loro benesse psico-fisico spesso dipende dall’accettazione della comunità che li ospita. Inoltre, l’evidenza linguistica mostra come, oltre a cercare tale accettazione, i migranti generalmente utilizzino un linguaggio generalmente basato alla migrazione come un costante sfondo per i loro racconti. Ogni anno milioni di persone sono costrette a lasciare le proprie case e trasferirsi altrove. A causa di guerre, di calamità naturali, di violenza, di carestie e del cambiamento climatico, persone comuni che si sono sempre viste come lavoratori, abitanti e semplici cittadini diventano presenze marginali, a cui vengono assegnate etichette come: “migranti per lavoro”, “famiglie di migranti”, “rifugiati”, “richiedenti asilo”, “migranti climatici”, “migranti ambientali”, o “migranti dislocati”. Inoltre, dai capri espiatori sradicati della “Windrush generation” alle vittime del traffico umano e della schiavitù, l’ostilità politica e pubblica nei confronti della migrazione è cresciuta progressivamente negli ultimi 20 anni. Inserendo l’espressione “Crisi migratoria” su Google, appaiono irca 90.000.000 risultati da consultare. Una rapida lettura delle prime venti pagine evidenzia come la cronaca nasca fondamentalmente da un punto di vista euro-centrico. Il problema è più “Cosa ci stanno facendo?”, piuttosto che “Cosa gli sta veramente succedendo e cosa stanno subendo?”. Questa posizione etica caratterizza anche molti degli studi linguistici, sociologici e storici che negli ultimi anni hanno affrontato il problema della crescente migrazione e hanno portato il “discorso della migrazione” ad emergere. Purtroppo, questo discorso è spesso un discorso sulla migrazione con coloro che si trovano al centro della questione trattati come qualcosa di separato dalla questione stessa. La ricerca, pertanto, conduce un’analisi linguistica delle cronache di viaggio di trenta richiedenti d’asilo che parlano inglese, provenienti da nove diversi paesi d’origine e ora residenti in Campania. L’analisi, sia quantitativa che qualitativa, delle strutture pronominali, verbali e lessicali inglesi usate dai migranti ha reso possibile ottenere una consapevolezza a proposito del loro modo di valutare le circostanze passate e presenti, nonché gli orizzonti e le aspettative futuri. L’indagine linguistica dei racconti monologici forniti dagli informatori rivela che il loro benesse psico-fisico spesso dipende dall’accettazione della comunità che li ospita. Inoltre, l’evidenza linguistica mostra come, oltre a cercare tale accettazione, i migranti generalmente utilizzino un linguaggio generalmente basato alla migrazione come un costante sfondo per i loro racconti. 

Autore

Bronwen Hughes è ricercatrice presso l’Università di Napoli Parthenope. Ha un dottorato in Linguistica e Letterature Moderne Comparate e la sua ricerca si concentra principalmente sulla traduzione come mezzo per acquisire una seconda lingua, sui media interculturali e sulla linguistica forense. Al momento i suoi interessi riguardano l’analisi linguistica delle narrazioni dei migranti, raccolte in Italia e nel Regno Unito, e sullo studio delle tecniche di insegnamento CLIL ed EMI nella lingua inglese, ma nel contesto educativo italiano.

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